Da Algeri ad Djanet: un viaggio tra passato e presente

Immaginate di partire da Roma verso un deserto incantato, con ritardi e imprevisti che oggi sembrerebbero anacronistici. Nel 1993, era un’avventura pionieristica in un’Algeria alquanto instabile; nel 2025, il Sahara è più accessibile, ma conserva ancora quel fascino misterioso. Seguiamo il filo del mio racconto, intrecciando le differenze tra ieri e oggi, per scoprire come il tempo ha trasformato questo angolo di mondo – e per stuzzicare la vostra curiosità su come potreste viverlo voi stessi.

Da Roma ad Algeri, tra ritardi e un’Algeria in fermento

Il mio viaggio parte con un intoppo che oggi farebbe sorridere: il volo da Roma ad Algeri decolla con un’ora di ritardo, scatenando il panico per la coincidenza strettissima verso Djanet. Negli anni ’90, l’Algeria era immersa nella “Decade Nera”, una guerra civile sanguinosa con terrorismo diffuso che rendeva ogni spostamento un azzardo – e quel ritardo sembrava un presagio. Eppure, un miracolo burocratico: un volo speciale autorizzato dal Ministero del Turismo Algerino ci aspetta, un lusso improvvisato in un’era di instabilità.

Oggi, nel 2025, le cose sono radicalmente diverse. Il paese ha compiuto passi da gigante verso la stabilità, grazie a operazioni antiterrorismo che hanno smantellato gran parte delle reti di gruppi come Al-Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM) e affiliati a Daesh. L’aeroporto di Algeri, un tempo un caos di carrelli malandati e folle rumorose che incutevano inquietudine – specialmente dopo i disordini all’epoca recenti – è ora un hub più efficiente, con coincidenze tra Air Algerie e Tassili Airlines che garantiscono voli regolari per Djanet, senza bisogno di “autorizzazioni speciali”.

Ma attenzione: mentre la geopolitica si è aperta, con un piano master per il turismo che mira a 12 milioni di visitatori annuali entro il 2030, le aree remote vicino ai confini con Libia, Niger e Mali restano a rischio elevato per rapimenti e attacchi, come avvisano i governi occidentali. Vi chiederete: è più sicuro oggi ? Sì, ma con una cautela moderna – pensate a droni di sorveglianza e checkpoint rafforzati, lontani dal brulicare minaccioso di guardie armate che ho vissuto io.

Il mio arrivo all'areoporto di Algeri, in Algeria
Arrivo all’areoporto di Algeri, mentre molti passeggeri erano già in fuga verso l’Europa

L’arrivo a Djanet, cuore del Tassili

Dopo due ore di volo, il deserto si svela dall’alto: un oceano di sabbia dorata che scivola sotto l’aereo, interrotto da montagne e rocce dipinte. L’atterraggio a Djanet nel 1993 è pura poesia – la pista un palco naturale incorniciato da formazioni rocciose silenziose, con il sole al tramonto che incendia l’orizzonte di rosso. L’aria è leggera, magica, con alcune jeep che ci portano verso un complesso di bungalow a 25 km dalla città, la nostra base spartana ma accogliente: una stufetta elettrica, acqua calda e una cena semplice a base di zuppa fumante e pane rustico, dal sapore integrale. Un’ autentica sorpresa ! Qui si radunavano anche i moto-raid di Avventure nel Mondo diretti verso il Niger e questa sera incontriamo un bel numero di motociclisti piuttosto provati dalle condizioni delle piste Sahariane.

Davanti alla moschea di Djanet un bimbo mi sorride

Immaginate lo stesso arrivo oggi: la Trans-Sahara Highway, quasi interamente asfaltata da Algeri a Tamanrasset, consente di raggiungere Djanet anche in camper ! Altro che le piste sterrate e polverose del ’93 ! I bungalow basici ? Evoluti in opzioni moderne come campi fissi di lusso e guesthouse eco-sostenibili come La Rose des Sables, che bilanciano comfort con il rispetto per l’ambiente fragile del Tassili.

Il boom turistico – 3.3 milioni di visitatori nel 2023, in crescita del 45% – ha reso Djanet un hub più vivace e sicuro nonostante le tensioni regionali come il conflitto sul Sahara Occidentale, che influenzano la diplomazia ma non fermano l’apertura ai turisti. Curiosi di sapere se quel pane rustico si trova ancora ?

Veicolo assistenza di Avventure nel Mondo

Muli, mercati locali e permessi…

La mattina del 26 dicembre 1993 è un turbine di commissioni: permessi ufficiali per il Tassili, acquisti di provviste – arance, patate, cipolle, taniche d’acqua e una bombola di gas – caricati su sacchi di juta con muscoli e pazienza. Il centro di Djanet è un caleidoscopio di colori: locali schivi che si ritraggono dalla macchina fotografica, bambini che ridono e scappano. Qui acquisto il tipico cheche, il turbante blu indaco dei Tuareg, simbolo di protezione nomade, e una guida mi insegna a avvolgerlo, per ogni piega un racconto antico.

Partiamo a bordo di due Land Rover stracariche che ci conducono verso il deserto. La prima tappa è l’imperdibile sito della La Vache qui pleure, con graffiti millenari di un Sahara antico.

Le incisioni rupestri sulla roccia raffigurano una piccola mandria di bovini realizzata con grande maestria neolitica in bassorilievo su un grande monolito di pietra. Una delle vache (mucche) è rappresentata con una lacrima che scende dall’occhio, da cui il nome “la mucca che piange”. Queste incisioni sono datate a più di 7000 anni fa.

Acquisto il tipico cheche, il turbante blu indaco dei Tuareg

Secondo la tradizione locale, questa rappresentazione simboleggia il dolore e la preoccupazione degli allevatori di quel tempo per il progressivo inaridirsi delle acque e del paesaggio del Sahara, che stava diventando arido dopo millenni di una savana fertile. Il sito testimonia l’antica storia climatica e culturale di cambiamenti avvenuti nel Sahara.

Siti come La Vache qui pleure, Séfar e Tikobawin sono oggi protetti da una rigorosa regolamentazione UNESCO, che promuove un turismo responsabile e a basso impatto ambientale. Le visite sono limitate a piccoli gruppi, con percorsi tracciati e soste controllate, per evitare il degrado che negli anni ’90 minacciava questi tesori rupestri.

Vista dall'alto del sito rupestre La Vache qui pleure
Davanti al sito La Vache qui pleure

Pernotto alla base del Tassili

Akba Tafilalet, a circa 12 km a est di Djanet, è il punto di partenza usuale dei trekking nel Tassili n’Ajjer. Le agenzie di viaggio portano i partecipanti fino al fondo del passo al tramonto, dove li attendono gli animali da soma. Al sorgere del sole, gli animali vengono caricati e il trekking ha ufficialmente inizio.

Il campo dove passeremo la notte ci accoglie immerso tra grandi torrioni di pietra che si ergono maestosi nella vallata arida. Mohammed, la nostra guida Tuareg, detto “la volpe”, è un tuareg che ha vissuto quassù fino al 1980, poi costretto al sedentarismo. La sua presenza calma e sicura ci rassicura: è un custode del deserto, dei suoi segreti e delle sue regole.

NOTA CULTURALE

Il popolo Tuareg

I Tuareg, chiamati anche “uomini blu” per via del colore indaco del loro turbante (tagelmust o cheche) che spesso lascia tracce di pigmento sulla pelle, sono il popolo nomade che da secoli percorre le piste del Sahara. Li incontrerai soprattutto in Algeria, Niger, Mali, Libia e Burkina Faso, ma il cuore pulsante della loro cultura è legato all’altopiano del Tassili n’Ajjer e alle grandi rotte carovaniere.

Parlano dialetti berberi (come il Tamahaq e il Tamasheq) e scrivono ancora con l’antico alfabeto tifinagh, che spesso vedrai inciso su rocce o gioielli. La loro organizzazione sociale è suddivisa in clan e famiglie estese, e nonostante la modernità abbia portato molti a stabilirsi nelle città-oasi, il legame con il deserto resta fortissimo.

Il cielo sopra di noi è uno spettacolo che non dimenticherò: stelle infinite, alcune cadono lentamente tracciando scie luminose. La temperatura non è gelida: un maglioncino basta per sentire il freddo accarezzarti la pelle senza togliere la meraviglia. È la quiete prima dell’avventura, la calma che precede la conquista del deserto.

All’alba carichiamo otto asini, tra cui alcuni grigi provenienti dal Niger, timorosi delle montagne e alla loro prima esperienza. Oggi, quei preparativi che nel 1993 richiedevano tempo, pazienza e “muscoli” evocano una dolce nostalgia. Il carico dei muli, le taniche d’acqua, le provviste stipate nei sacchi di juta: tutto aveva il sapore concreto dell’avventura.

Ma nel 2025, l’organizzazione di un viaggio nel Sahara algerino è diventata sorprendentemente più semplice. Dal 2023, l’Algeria ha introdotto il visa on arrival per i turisti diretti nelle regioni sahariane, semplificando l’accesso a Djanet. I sistemi digitali per l’e-visa e i permessi di escursione hanno snellito le lungaggini burocratiche, permettendo di pianificare l’itinerario comodamente da casa.

I mercati di Djanet, un tempo caotici e polverosi, conservano ancora la loro anima vibrante. I colori, i profumi, i volti schivi e i bambini che scappano ridendo davanti all’obiettivo sono rimasti. Ma oggi, accanto ai venditori di spezie e tessuti, operano tour operator accreditati che offrono esperienze ibride: trekking a piedi, traversate in dromedario e tratti in 4×4 per garantire comfort e sicurezza. Le escursioni sono spesso personalizzabili e condotte da guide Tuareg certificate, la cui presenza è obbligatoria nelle aree più remote del Tassili n’Ajjer, sia per motivi di sicurezza che per preservare il patrimonio culturale.

Ma l’essenza nomade resiste. I ritmi lenti, il silenzio del deserto, il carico essenziale e la convivenza con la natura sono ancora il cuore pulsante dell’esperienza. Vi chiederete, forse, se Mohammed — la nostra guida Tuareg detta “la volpe” — avrebbe approvato questi cambiamenti. Forse sì, forse no. Ma una cosa è certa: il deserto continua a parlare, e chi lo ascolta con rispetto ne diventa parte.

Questo intreccio tra 1993 e 2025 vi ha incuriosito ? Immaginate di calpestare quelle sabbie oggi. Nel prossimo articolo, esploreremo le tappe successive del trekking. Iscriviti alla newsletter e condividi nei commenti: come immagini il Tassili nel 2025 ?

Vista dall'alto dell'Eremo di Père de Foucault,

Tamanrasset e l’eremo di Père de Foucault: alle porte dell’Hoggar

Nel 1993, arrivare a Tamanrasset significava approdare in una città di frontiera, spartana e polverosa, che appariva come un avamposto isolato nel cuore del Sahara. La periferia era fatta di case basse e cubi di cemento, spesso incompleti, che ricordavano baraccopoli più che quartieri residenziali. Il centro, invece, aveva…

Read More
Erg Admer è uno dei deserti di dune più spettacolari del Sahara algerino

Tim Ras, Essendilene e le grandi dune dell’Erg Admer

La discesa dall’altopiano del Tassili ci conduce verso nuovi scenari. Dopo giorni tra canyon, pitture rupestri e il silenzio sospeso di Sefar, il cammino incontra paesaggi più morbidi, segnati da gole ombrose e vallate che custodiscono l’acqua. La corsa con la Land Rover sulle dune è da brividi: accelerare…

Read More
La celebre “Dame Noire de Sefar”, la Signora Nera.

Trekking sul Tassili n’Ajjer

Il Tassili n’Ajjer, nel sud-est dell’Algeria, è un altopiano che sembra sospeso fuori dal tempo: canyon scolpiti dal vento, pinnacoli di arenaria, guelte segrete e migliaia di pitture rupestri che raccontano la vita del Sahara quando era verde e fertile. A fine dicembre 1993 ho avuto la fortuna di…

Read More

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Scroll to Top