Ci dirigemmo a sud della Moremi Reserve, verso Maun, piccolo avamposto al margine dell’Okavango Delta. La cittadina, nel 1992, appariva come un villaggio polveroso, con un’aria da frontiera africana: case basse e capanne si alternavano a mercati improvvisati, mentre il fiume Thamalakane attraversava il centro in modo quasi disordinato. La popolazione, stimata tra i 30.000 e i 40.000 abitanti, ospitava genti dei gruppi Herero, Yei, Mbukushu e BaTawana. La fauna selvatica, discreta ma sempre presente, ci ricordava costantemente quanto fossimo vicini alla natura selvaggia.
L’aeroporto, piccolo e polveroso, serviva prevalentemente voli charter verso lodge e safari. Le strade principali iniziavano appena a collegare Maun al resto del Botswana; il resto era un dedalo di piste sabbiose e polverose, percorribili solo con mezzi 4×4. Gli alloggi erano pochi e spartani: Riley’s Hotel, il Sedia Riverside e qualche campeggio lungo il fiume accoglievano i viaggiatori più avventurosi. Energia elettrica e acqua erano limitate, e il turismo, ancora giovane, offriva esperienze autentiche ma di nicchia.
Oggi, Maun è una città vivace, con oltre 85.000 abitanti, un aeroporto internazionale e infrastrutture moderne. Strade asfaltate e ponti migliorati rendono gli spostamenti più agevoli, mentre nuovi quartieri, centri commerciali e lodge di qualità offrono comfort ai visitatori. Il turismo è ora organizzato e diversificato, ma il fascino della savana e delle tradizioni locali sopravvive nei mercati, nei festival e nella vita quotidiana dei BaTawana e delle comunità vicine.
L’Okavango Delta: il fiume che non trova il mare

L’Okavango, lungo 1.300 km, nasce in Angola, attraversa Namibia e Botswana e si disperde nelle sabbie del Kalahari, creando un dedalo di 15.000 km² di canali, lagune e isole. Nel 1992, quando lo visitammo, le acque non erano navigabili nella stagione secca, così ci addentrammo nel delta con piccoli aerei da turismo: cessna ultraleggeri da quattro posti, con appena dieci chili di bagaglio a testa, compresa la tenda.
Il nostro arrivo al Gunn’s Camp, nella Chiefs Island, fu un’esperienza memorabile. L’aereo sobbalzava sul terreno accidentato in fase di atterraggio, mentre il proprietario ci attendeva in un piccolo eden con bungalow dotati di acqua calda e bar. Noi, però, scegliemmo la via più autentica: affittammo sei mekoro con guide locali e montammo campo lungo il fiume, vicino a un grande albero e a un termitaio. Il silenzio della sera, interrotto solo dai suoni della natura, creava un’atmosfera di magia pura.
Il primo trekking nella savana

Trascorremmo tre notti nel cuore dell’Okavango, usando il Gunn’s Camp come base, ma vivendo la vera esperienza del delta a bordo dei mekoro. Ogni giornata iniziava all’alba, con il silenzio rotto solo dal gorgoglio dell’acqua e dal fruscio delle foglie: scivolavamo lentamente tra canali stretti e lagune, osservando da vicino l’avifauna locale. Aironi, cormorani e martin pescatori si mescolavano ai coccodrilli e agli ippopotami che emergevano appena, curiosi ma attenti a non avvicinarsi troppo.
Oltre alle escursioni in barca, esplorammo la savana a piedi. Camminare tra i canali e i boschi sommersi ci fece percepire la vastità del delta: impronte di elefanti, tracce di bufali e segni di leoni accompagnavano ogni passo, e ogni tanto il nostro gruppo si fermava per osservare in silenzio animali che ci sovrastavano o ci circondavano. La guida ci insegnava a leggere il terreno e a riconoscere segnali di pericolo, e ogni incontro, anche con creature apparentemente innocue, richiedeva attenzione e rispetto.
Nel pomeriggio, il capo guida ci condusse in un trekking nella savana. Ogni raccomandazione era cruciale: non fuggire davanti ai leoni e cercare riparo dagli eventuali bufali. Presto ci imbattemmo in un branco di bufali, visibilmente infastiditi. Uno di loro, forse il capo branco, ci puntò; scappammo tra gli alberi, sempre seguiti dai nostri accompagnatori.

Le tre notti furono scandite dal ritmo lento della natura. Al tramonto, ci fermavamo sotto grandi alberi vicino ai termitai, montando le tende e ascoltando i suoni del delta: lo sbuffo degli ippopotami, il barrire lontano degli elefanti, il richiamo dei predatori notturni. Dormire immersi in quella natura incontaminata, senza recinzioni né barriere, era emozionante e al tempo stesso rassicurante grazie alla presenza costante delle guide.
Ogni giorno alternava giri in mekoro e trekking a piedi, permettendoci di vivere il delta da prospettive diverse: dall’acqua alle isole interne, dai canali stretti alle radure aperte, fino a toccare con mano la sua ricchezza di fauna e vegetazione. Era un ritmo che ci obbligava a rallentare, ad osservare, a percepire il delta con tutti i sensi, e che trasformava ogni piccolo dettaglio in un ricordo indelebile.
Durante le escursioni, i nostri occhi si posarono anche sulle tracce di un pitone gigante che probabilmente serpeggiava tra l’erba alta e la sabbia umida. Non era velenoso, ma la sola idea di un morso così potente, capace di recidere la pelle, faceva correre un brivido lungo la schiena. Nonostante i rischi, non potevamo fare a meno di restare incantati: la stanchezza accumulata, i corpi provati dai lunghi giri in mekoro e dalle passeggiate tra canali e termitai, svaniva di fronte alla grandiosità del paesaggio.
L’acqua che scintillava tra le isole, il canto degli uccelli e il fruscio degli animali nella vegetazione creavano un’atmosfera magica, quasi irreale. In quel momento, ogni pericolo sembrava relativo; eravamo immersi nel cuore pulsante dell’Okavango, testimoni privilegiati di un mondo unico, incontaminato e straordinario, dove la natura dettava le regole e ogni dettaglio, dai riflessi sull’acqua alle tracce lasciate dai predatori, diventava un racconto vivo e indimenticabile.
Le notti trascorse nel cuore dell’Okavango ci hanno insegnato quanto possa essere intensa e fragile la vita selvaggia: ogni incontro con gli animali, ogni riflesso sull’acqua, ogni respiro nella boscaglia rimane impresso come un ricordo indelebile. Gunn’s Camp ci ha permesso di vivere l’Okavango in modo autentico, tra mekoro, passeggiate guidate e osservazioni ravvicinate della fauna, senza barriere tra noi e la natura.
Se anche tu vuoi provare l’emozione di svegliarti al canto dei leoni, di sentire la sabbia umida sotto i piedi mentre il sole si alza sulle isole, o di navigare silenziosamente tra canali e termitai in mokoro, non aspettare: pianifica il tuo viaggio nell’Okavango, preparati all’avventura e lascia che la natura ti racconti la sua storia. Ogni esperienza qui è unica, e il momento migliore per viverla è adesso.
APPROFONDIMENTI
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